EXPL 32: l’incessante operosità dell’entropia

Questo posto è la casa di una vedova. La morte del marito ha spinto la donna al rifiuto totale per ogni genere di novità. Tutto nella casa deve rimanere esattamente identico a come quando Dario, buonanima, c’era ancora. I mobili: facile. Il giardino: difficile. Dario è morto in primavera, e la donna si fa arrivare una fornitura costante di primule di serra, che rinnova di continuo. Le povere piantine vengono esposte ai rigori dell’inverno o alla calura estiva e appassiscono quasi immediatamente. E quando è finalmente la stagione è propizia non fanno una bella vita – vegetativamente parlando – perché appena si azzardano a fiorire con troppo entusiasmo, a buttar fuori troppe o troppo poche foglie, le cesoie della vedova intervengono con fredda efficienza. Il ricambio è continuo.

Il frigo deve essere sempre quasi vuoto – Dario è mancato al ritorno da una vacanza e non avevano ancora fatto la spesa – ma in casa non possono mancare: numero quattro uova (facile); un cespo di scarola (facile); sette pomodori pachino (facile) se possibile con il giusto grado di appassitura (intermedio); mezza bottiglia di vino portato dalla cantina del cognato (sempre la stessa, il vino è inacidito da tempo); un quarto di torta al cioccolato (le cose si sono semplificate molto da quando la vedova si è fatta costruire su misura una speciale teglia a spicchio, giunta ormai all’estremo della frustrazione dal dover confezionare una torta solo per gettarne via tre quarti).
L’automobile di famiglia è un problema. Deve stare parcheggiata in un punto specifico del vialetto, sottocasa, ma la viabilità è cambiata dalla morte di Dario, e ora lì c’è un divieto di sosta. Alla quarta rimozione forzta la questione si è fatta insostenibile. Seguono lettere al sindaco, raccolte firme, picchetti: molti hanno lodato il vigore della vedova nel portare avanti la sua battaglia civile, pur restando un po’ perplessi davanti all’oggetto del contendere: deve starle davvero a cuore la viabilità delle zone residenziali.
Ho incontrato la vedova mentre si occupava del restauro della facciata di casa. Il tempo, lo smog e gli agenti atmosferici hanno creato una discrepanza cromatica che – vecchie foto alla mano – risulta inaccettabile. La vedova ha cercato a lungo un’impresa edile disposta da portare a termine i lavori in un solo giorno, o che almeno si prendesse il compito di smontare le impalcature la sera, per rimontarle la mattina. In questo modo lei sarebbe comunque andata a dormire senza il trauma del cambiamento davanti agli occhi, e avrebbe potuto sopportare la presenza del cantiere nelle ore diurne. Non trovando però nessuno disposto a soddisfare le sue richieste si è decisa ad agire da sola. In questi giorni si sveglia presto, va a recuperare il furgone con carrello elevatore che ha affittato, e lavora di spazzola e di pennello finché c’è luce. La facciata, lentamente, sta riacquistando colore.
Mi offro di aiutarla. È chiaro che non è abituata a questo genere di gentilezze, ma le faccio capire che non c’è malizia nelle mie intenzioni, al massimo un po’ di curiosità. Le dò il cambio alla facciata, e passiamo un paio di giorni così: io appollaiato nel cestello a quattro metri da terra, che spazzolo; lei inginocchiata in giardino, a dissodare e piantumare. Il terzo giorno finalmente si apre e mi racconta tutto: i litigi con la famiglia a causa alla sua ostinazione, i tentativi di portarla via, la solitudine della casa vuota. È vigorosa ma non scomposta. Non piange e non le trema la voce, e nella sua determinazione c’è parecchia lucidità. Sa che non si sta comportando seguendo la norma, e non le importa. Sospetto che le sue certezze adamantine celino altro. Potrebbe aver riesumato il cadavere del marito, in attesa di riuscire a rianimarlo. O magari c’è un figlio rinchiuso da qualche parte, a cui viene impedito di crescere. Prendiamo un the in soggiorno e ostento calma, ma sono pronto a dare battaglia. Ma non succede niente: non cerca di assalirmi con un punteruolo, non mira alla mia Vertigine, non fa nulla. Il massimo di trasporto emotivo ce l’ha guardando fuori dalla finestra. Passa il camion della nettezza urbana, e lei sospira.

AZIONE CONSIGLIATA: annessione.

NOTA: scrivo questa nota con una certa vergogna. In un impulso del tutto irrazionale prima di andarmene le ho lasciato uno dei due dispositivi per il controllo temporale che ho requisito. Le ho spiegato come usarlo, confessando che non so quante cariche abbia e che probabilmente le causerà guai. Glielo ho fatto provare e sembrava felice.

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