È un cancello grande e pesante, di quelli comandati da un motore che li fa scorrere di lato. Si chiude tra un muro di cinta e un altro muro di cinta, e termina con delle barre metalliche che si infilano in alloggiamenti immersi nel cemento. Dubito che sarei in grado di divelgerlo, anche con un martello, anche con una leva. Riuscirei a scavalcarlo, forse e a fatica, ma di danneggiarlo non se ne parla proprio, è troppo grosso. E, una volta in moto, probabilmente non riuscirei a fermarlo: è pesante, quindi il motore che lo muove deve essere piuttosto potente, quindi con la mia stazza impiegatizia potrei fare ben poco.
Per entrare nel cortile serve la chiave – che ho. Per uscire basta schiacciare un pulsante – non vogliamo intrappolare nessuno. Ed è quello che ho fatto, circa dieci giorni fa. Ho premuto il pulsante e il cancello si è messo in moto, silenzioso come al solito. Silenzioso per un coso pesante qualche quintale, ma comunque silenzioso.
Il cancello si muove e io vedo qualcos’altro muoversi: in terra, tra l’erba, due lucertole si lanciano l’una contro l’altra, in battaglia. Le ho viste proprio fare questo: erano a una spanna di distanza, sono saltate nello stesso istante e si sono scontrate a mezz’aria. Iniziano a rotolare lottando, con la ferocia nervosa delle creature piccole: topolini, scarafaggi, lepri e, adesso che le vedo, lucertole. Tutte bestie coi nervi tesissimi.
Si rotolano e finiscono nell’erba e pericolosamente vicino al binario su cui scorre il cancello. Su cui sta scorrendo il cancello. Che ho messo in moto io. È una scena banale da film d’azione hollywoodiano: i due lottano corpo a corpo, per la vita, mentre sullo sfondo enormi macchinari minacciano di schiacciarli entrambi. Le lucertole saltano, rotolano ancora, e spariscono. Passa la ruota del cancello, gigante rispetto ai protagonisti, trattengo il respiro ma poi vedo che ancora qualcosa si sta muovendo. Per fortuna non ci sono rimaste schiacciate. Ottimo, mi sarei sentito in colpa. Comunque mi avvicino, per vedere meglio.
La cosa che si muove è la metà posteriore di una lucertola. Le budella azzurre sono sparpagliate e si stanno ancora sparpagliando. Le zampette e la coda si contorcono frenetiche, poi più piano, poi ancora più piano. È andata avanti tre minuti, circa. Io ero un po’ spiaciuto, ma ho subito razionalizzato. Non è che posso sentirmi responsabile per il destino di tutte le bestie che si mettono a fare scene d’azione attorno alla mia vita. Mi sono dovuto convincere.
Per loro, comunque, sono stato a tutti gli effetti un dio: motore di eventi a loro incomprensibili, decisamente più grande, un po’ spiaciuto ma poi alla fine chissene. Peraltro non potevo farci niente, vedi discorso sulla stazza mia e su quella del cancello. Inserite qui, se credete, considerazioni sull’ipotetica stratificazione di un pantheon divino a cipolla. Ogni livello è onnipotente su quello più interno, si arrabatta sul proprio, e subisce quello più esterno. E via così, ad nauseam.