In mezzo ai grilli e alle cicale

Le truppe dei circensi ci stavano raggiungendo, due giorni di fuga screanzata non erano bastati: ci stavano addosso e non sapevamo che fare. Campietro era ridotto alla maschera di se stesso: graffiato, sudato, sbiancato, sfinito tanto quanto me, aveva perso le piume sotto le cinghie dello zaino e si intravedeva una pelle grigia che cercavo di non guardare.

Era troppo per entrambi, vesciche, sete, due gole secche come calce, avevamo tagliato per posti che non conoscevamo seguendo il naso e il cuore e ci eravamo concessi troppo presto il lusso di sperare: da un pezzo si vedevano i primi segni di disordine, un cielo a righe verdi e viola, un albero fatto di mani, un’enorme scheletro pietrificato. Ma era ancora poco, pochissimo, e le truppe dei circensi stavano guadagnando terreno, non si stancavano e non mollavano, ma soprattutto non ci perdevano. Il vento ci portava lo sferragliare degli inseguitori, ed eravamo sul punto di cedere, lo vedevo negli occhi di Campietro – e lui lo vedeva nei miei, temo. In queste faccende ti catturano prima il morale, poi il corpo. Mi sforzai di sorridere e buttare un altro passo, maledicendo il peso della refurtiva nello zaino. Non l’avevamo ancora buttata perché tanto ormai quelli stavano cercando noi. Avevamo esagerato, a quanto pare, e ora non si sarebbero accontentati di recuperare il maltolto, volevano noi, possibilmente vivi e torturabili, possibilmente fornenti dettagli, mezzi, contatti, il come e il dove del mestiere di ladri. Eppure non poteva mancare molto, stavamo in terra contesa ormai da parecchio, fin da subito, dall’inizio della corsa.
Poi Campietro fece un suono e mi ripresi dai miei pensieri di autocommiserazione. Stavo all’erta: non era un suono felice, ma neanche terrorizzato. Era un di quei suoi suoni liquidi, che sanno fare quelli col becco.
La strada ci era bloccata da un gruppo di individui.

image

In altri momenti saremmo stati più cauti, ma la prudenza è per chi non corre: lanciai a Campietro il mio zaino e mi piazzai davanti al gruppo, piedi uniti, mani giunte sopra la testa, scandendo la formula di rito:

<Il viandante si fa servo>

Mi assalì il dubbio di non stare parlando alle facce, o nemmeno al generico davanti, che magari erano voltati tutti di là e stavo chiedendo asilo a dei deretani. Poi però:

<lA caASA si fA OsPEdaLe>

La voce era distorta e ovattata, ma comprensibile. Mi voltai e Campietro mi fece un cenno d’assenso. Poteva essere il nostro biglietto per  sopravvivenzalandia.

“Chiediamo di essere ospitati presso la vostra… ehm… ospitati presso di voi, affinché noi si possa trovare rifugio, riposare, e proseguire per la nostra strada. Offriamo, secondo tradizione, un giorno di servigi al meglio delle nostre abilità.”
Gli esseri ondeggiarono in silenzio.

image

Poi si aprirono, per farci passare, indicando loro stessi la via da percorrere.
Campietro mi schiaffò addosso lo zaino e si avviò tra le creature. Il vento mi portò ancora il rumore lontano delle truppe, e mi sbrigai a seguire il mio compagno.

Solite cose social:

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *