EXPL 21: inaccettabile sincerità

Questo posto impone l’onestà. È un effetto sottile e me ne sono accorto solo quando ho rischiato di finire nei guai: una donna nativa, piuttosto attraente, mi ha offerto da bere in un ricercato bar della città alta, c’è stato uno scambio di battute piuttosto esplicito – e questo sarebbe già dovuto essere un grosso segnale, ma non volevo presupporre nulla sulle abitudini del posto – poi lei mi ha chiesto guardandomi negli occhi quale fosse il mio nome. Io pensavo di propinarle uno degli pseudonimi da viaggio che uso di solito, ma al posto di uscirmi Gianfizzocchio delle Matrilunghe, o Chingo Chango Chango, o Thunderwizard Totalpunch, mi stava uscendo Esploratore 1458, e a dire il vero ho detto “Esplor-” e poi sono riuscito a ingozzarmi con il cocktail che, ad ogni buon conto, ho aspirato col naso. Seguono dieci penosi minuti di lacrime, dolore, occhi rossi, vista offuscata e panico mentre cerco di capire cosa è successo e cosa sta per succedere. La bella ragazza, al posto di andarsene alla chetichella, ci ha tenuto a precisare che se ne andava perché le sembravo strano e la mettevo a disagio. Trovatomi solo, pago e mi avvio verso l’uscita, ma mi intercetta il barista, mi chiede se sto bene e se ho bisogno d’aiuto.

“Sono disorientato, lontano da casa, e devo capire se è meglio che l’Impero vi accolga o vi distrugga.”

Ecco, da qui le cose sono rotolate.

In retrospettiva, scappare a gambe levate non è stata la scelta più saggia. Avevo bisogno di stare da solo per calmare i pensieri e capire cosa stava succedendo, ma apparentemente nel posto dell’onestà se non indossi tuta e scarpe da ginnastica e corri sei automaticamente considerato un malfattore. In un attimo mi sono ritrovato inseguito da una piccola folla, e mentre correvo per salvarmi la vita – quella era l’impressione – gli inseguitori mi regalavano questi magnifici stralci di dialogo:

“Ho intenzione di prenderlo!”
“Anch’io!”
“Credo che sia un lestofante!”
“Un malfattore!”
“Vi ho visti correre e mi sono unito!”
“Anch’io!”
“Non so nulla dell’inseguito, ma se un gruppo numeroso appare motivato nel conseguimento di un obiettivo, mi sento moralmente obbligato a partecipare”
“Anch’io!”
“Non avevo voglia di correre, ma avrei dato una brutta immagine di me”
“Penso di stare facendo uno sbaglio e che dovrebbe occuparsene la polizia, ma ora è troppo tardi per tirarsi indietro”
“Nonostante la contingenza non riesco a smettere di pensare al corpo nudo della mia fidanzata”
“Anch’io!”

Mi infilo in un dedalo di vicoli, mi perdo e rischio di trovarmi chiuso in trappola ma due mani mi trascinano in un seminterrato, facendomi sparire dalla vista degli inseguitori.

Fiatone, stelle negli occhi, dolore alla milza e ferro in bocca: mi guardo attorno. Si direbbe un luogo di ritrovo per senzatetto, o la dimora di una persona molto molto povera. La luce filtra dall’altro, dalla strada, il mio arrivo ha sollevato tanta polvere, ci sono scatole di cartone e mobili rotti, un giaciglio coperto d’immondizia e alcuni mucchi di vestiti, uno dei quali respira: uno scavo stratigrafico rivelerebbe un essere umano vero, pulsante, in qualche modo imprigionato in una gabbia di sporcizia e stracci. Faccio un cenno. Lui risponde al mio cenno, ma non fa altro. È il mio salvatore, e dopo avermi trascinato dentro si è seduto su un mucchio informe di ciarpame con due braccioli e uno schienale, e ora che lo guardo con calma è quasi ieratico nella posizione rigida, schiena dritta, gomiti appoggiati, mento alto e occhi semichiusi. Siamo soli nel seminterrato. La luce filtra dall’alto, dal livello strada, e mi arrivano brani di conversazione da parte degli inseguitori.

“Sono convinto di essere stato certo della direzione, ma ora molti dubbi mi assalgono.”
“Inizio ad essere stanco ma non voglio sembrare uno scansafatiche.”
“Io propongo di continuare a cercarlo di là, anche se credo che lo abbiamo perso.”
“Ho fame.”

Quando finalmente gli inseguitori si disperdono il mio ospite ruota la testa verso di me: “Mi chiamo… mi chiamo…” pausa, concentrazione “mi chiamo Ocram.” Grande sorriso soddisfatto.
È un posto di onesti. Il tessuto stesso della realtà qui impone che sia impossibile mentire. Di più, è molto, molto faticoso non rispondere ad una domanda, o non dare voce ai propri pensieri. I nativi ci sono abituati, e la società che ne è venuta fuori è decisamente più brutale dell’aggregato umano medio. Va detto che i crimini sono piuttosto contenuti, e che il sistema della giustizia ne trae un gran vantaggio. Ocram fa parte dei una piccolissima fetta di popolazione che si oppone alla schiavitù dell’onestà, e con sforzi immani riesci ad usare armi dialettiche come l’eufemismo (“diciamo che non sono… ben… accettato”) o l’iperbole (“a quelli come me danno la caccia giorno e… not-te”). Quando è proprio a corto di idee usa i trucchi da adolescente e anagramma le parole, che un po’ tutto fa brodo.

Questo posto è pericolosissimo. L’Impero può e deve poter nascondere il grande schema delle sue azioni, e tutti dobbiamo accettare di essere una piccola tessera del grande mosaico: se bastasse andare da un alto funzionario e chiedergli i dettagli delle sue direttive ci sarebbero presto rivolte e guerre civili. Mi dispiace, Marco.

AZIONE CONSIGLIATA: distruzione.

NOTA: ho la sensazione di essere seguito.  

Solite cose social:

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