Primo quarto

Sono giunto ad un quarto del mio viaggio di esplorazione interpostale e, come da consegne, stilo ora questa breve relazione sul percorso fatto finora, riportando osservazioni e critiche su questo settore e sugli effetti della mia venuta in contatto con i 22 posti visitati finora.
Il fatto stesso che abbia iniziato la relazione con questo breve cappello introduttivo mi rende acutamente consapevole di un cambiamento sottile ma costante nella mia personalità: riesco sempre meno ad essere neutro e distaccato e, così come capita nei miei rapporti, note e considerazioni personali si accostano al neutro resoconto dei fatti avvenuti. Il viaggio interpostale sta modellando la mia personalità, allontanandomi dal neutro-reset.
Il secondo aspetto che ho notato è una tendenza alla maggiore descrittività. Mi è sempre più faticoso tenere ben presente che a leggere questi rapporti non sarà un team di esperti con una conoscenza maggiore della mia su praticamente tutti i campi dello scibile. Sempre di più, invece, mi immagino una persona che, come me, faticherà a comprendere l’enigma dell’interposto, e che, come me, avrebbe bisogno d’aiuto. Anche per questo mi lancio in descrizioni più complete, colloquiali, a volte un po’ ridondanti. Credo inoltre di aver iniziato a sentirmi solo, e di cercare di trasformare questi rapporti formali se non proprio in dialoghi, quantomeno in monologhi affettuosi.
Infine, il mio mezzo non è attrezzato per farmi tenere un diario, e l’unico modo che ho per mettere ordine tra i miei pensieri sono i rapporti di fine esplorazione.
Ho deciso quindi, in occasione della prima milestone, di prendermi un momento e descrivere un po’ tutto quello che c’è da dire su di me.

Il mio nome è Esploratore 1458. Non ho un nome proprio in quanto non ho una famiglia né un’identità. Il mio corpo è stato stampato in un centro di produzione di massa, ma solo una volta giunto alla base di Smistamento 14 sono stato svegliato, adulto e completo. Ho passato un periodo di 2 settimane in ambiente asettico, dove ho subito controlli fisici e psicologici, e dove mi sono stati impartiti i comandi specifici per la mia missione. Avere un corpo stampato consente di standardizzare e controllare al dettaglio le mie performances. Va detto che anche il mio cervello è stato stampato, e dato che le mie conoscenze sono dettate dalla specifica configurazione neuronale prescelta, arrivo con un pacchetto di informazioni: chimica, fisica, psicologia, antropologia, geologia, viaggio interpostale, uso della Vertigine e simili. Non ho dettagli su altri viaggi di esplorazione, ma immagino di aver ricevuto il pacchetto standard. Immagino anche di non essere il primo esploratore ad essere stato mandato in missione, un po’ per il mio numero, un po’ perché la mia missione (88 posti, incognito, Vertigine e un mezzo a disposizione) non sembrerebbe un primo, cauto esperimento. Ne devo dedurre che tanto le mie esperienze – a parte la specificità dei luoghi visitati – quanto la mia eventuale evoluzione psicologica siano normali ed attese. A tale riguardo, ho registrato una totale mancanza di conoscenze relative all’effetto dei viaggi interpostali su altri esploratori. Non ho mezzi per giudicare se i miei superiori hanno ritenuto l’informazione per me inutile, o se non volessero influenzare il mio punto di vista. In ogni caso, credo che il mio progressivo distacco dal neutro-reset sia un elemento previsto e normale. Giunto a tale conclusione, ho deciso di rompere ogni indugio e produrre, a ruota libera, le mie considerazioni. Al massimo ci metteranno più del previsto a leggere il mio resoconto.

La mia missione è quella di esplorare un settore dell’interposto, settore verso il quale il mio mezzo è stato puntato e, sostanzialmente, scagliato. Non conosco le coordinate del settore in cui mi trovo, credo perché se il mio mezzo venisse catturato la mia traiettoria, letta al contrario, offrirebbe importanti informazioni sul posizionamento degli avamposti dell’Impero. Mi sono invece state fornite le coordinate per compiere un percorso ad anello, diviso in quarti. Il secondo quarto, che mi appresto ad iniziare, mi porterà sempre più addentro al settore, mentre il terzo ed il quarto mi riporteranno – attraverso un altro tragitto – al punto di partenza. Lì ci sarà un rendez-vous, potrò effettuare il cambio di settore, e tornare a casa.

Una chiave di lettura superficiale vuole che io stia scrivendo tutto questo in modo da lasciare un qualche tipo di traccia nel caso io venga distrutto ed il mio mezzo disperso. In questo modo, almeno attraverso questo diario postumo, io continuerò a vivere. Io, però, rigetto tale interpretazione, non tanto per l’improbabilità del fatto – sono già stato esposto a pericoli mortali e credo che ancora ce ne saranno – quanto per un’altra consapevolezza: sono un esploratore, e una volta terminata la missione, verrò riportato al neutro-reset, o forse verrò addirittura digerito e trasformato in materia prima biologica, in modo da essere riutilizzato come toner per stampare altri esseri viventi, forse altri esploratori. In ogni caso la mia personalità, intesa come l’attuale configurazione neurale combinata a questa specifica fisicità, cesserà di esistere. Ed io non ho problemi con questo. Sono un esploratore in viaggio e sto servendo l’Impero, al termine della mia missione non potrò né dare un altro contributo (non sarò più neutrale nelle mie osservazioni) né svolgere un’altra attività, se non passando attraverso lunghi, costosi, e decisamente poco efficienti sessioni di addestramento. Ne deduco che la mia personale storia finirà con la mia missione. Eppure non cerco continuità. Verso chi, poi? Base di Smistamento 14 è la mia casa e i suoi tecnici sono la mia famiglia, ma mi è ben chiaro che il mio attaccamento affettivo è figlio di un condizionamento artificiale, forse impiantato per rendermi collaborativo in fase di test post risveglio, o forse perché il senso di nostalgia che percepisco garantirà un maggior tasso di rientro. Non lo so. E non so perché continuo a scrivere di queste cose. Tant’è.

Il mio viaggio finora mi ha portato a contatto con una realtà molto più legata alla Vertigine di quanto mi aspettassi. Ho subito dei furti, ho raccolto tracce che indicano una certa disponibilità di viaggio interpostale, e sto sviluppando il sospetto che i miei spostamenti siano quantomeno osservati, se non addirittura attesi. Alcuni rapporti fa ho riportato una considerazione sul fatto che la disponibilità di Vertigine in questo settore possa essere fatta risalire ad un qualche tipo di sorgente interna all’Impero. Che sia da imputare a predoni, traditori, od un misto tra i due, non mi è dato sapere.
La mia riserva attuale di Vertigine è molto scarsa. Ho a disposizione un kit di emergenza (l’altro mi è stato rubato durante la spedizione numero 6) che contiene una riserva di Vertigine, ma il protocollo proibisce esplicitamente di farne uso prima di aver esaurito la riserva standard. Va inoltre detto che la qualità delle mie esplorazioni, da quando limito od evito del tutto l’uso di Vertigine, mi pare aumentata: essendo forzato a seguire le regole dei locali i miei rapporti si arricchiscono, e posso formulare opinioni molto più precise sulla natura dei posti visitati. Ho comunque ancora abbastanza Vertigine nella riserva principale da consentirmi di evitare ogni situazione davvero pericolosa. Nel caso, ovviamente, che io mantenga sempre la mia lucidità, condizione non sempre garantita durante le mie ultime spedizioni.

Oltre alle attività legate alla Vertigine, ho riscontrato un certo antropocentrismo nei posti visitati. Quasi sempre ho incontrato una popolazione locale, ed era la popolazione, più che le intrinseche caratteristiche geografiche, a rendere il posto unico. Alcuni posti mi sono addirittura parsi così simili ai domini dell’impero che potrebbero passare per realtà alternative, interessanti esperimenti mentali su cosa sarebbe successo se le condizioni fossero state un po’ diverse.

Come da consegne, al termine di ogni rapporto devo consigliare un’azione da intraprendere, con la consapevolezza che il mio consiglio, per quanto importante perché proveniente da chi ha esperito di prima mano il posto, non è in nessun modo vincolante. Ho riassunto i consigli dispensati finora nel seguente specchietto:

  • annessione: 11
  • annessione con remore: 3
  • isolamento, studio, osservazione: 3
  • distruzione, formula debole: 1
  • distruzione, formula piena: 4

I numeri significano che per circa un quarto delle situazioni consiglio all’Impero di usare la sua soverchiante potenza militare per disintegrare interi posti, giudicati non interessanti o pericolosi, e raccogliere la Vertigine prodotta dal dismembramento del tessuto della realtà. A volte si tratta di posti piccoli, o deserti, ma altre volte la popolazione nativa è ben florida. Se i miei consigli venissero seguiti questo mi renderebbe complice – se non mandante – di numerosi atti di genocidio. Questo fatto, ora che lo esamino alla fredda luce delle statistiche, non ha su di me nessun effetto. Le conseguenze morali delle mie azioni sono nella migliore delle ipotesi incomprensibili, e comunque al di là della mia portata.

Durante questo primo quarto di viaggio ho collezionato due campioni. Il primo è un congegno metallico, recuperato durante la spedizione numero 7. Riporto la descrizione, verbatim:

“è un aggeggio metallico, poggia su tre zampette ed emette un sordo ronzio da un alloggiamento ogivale che non sono ancora riuscito ad aprire. È chiaramente oltre il livello tecnologico locale.”

Il congegno sembra essere in grado di alterare il campo temporale in un’area di notevoli dimensioni. A tale riguardo non ho nulla di nuovo da riportare: il suo funzionamento mi resta ignoto, e a dire la verità non sono a mio agio con l’idea di pasticciare con la temporalità durante un viaggio interpostale, per cui mi sono limitato a registrarne la completa passività.

Il secondo campione è di natura biologica e l’ho incontrato durante la spedizione numero 13. Mi rendo ora conto che nel relativo rapporto manca una descrizione, anche perché ad un’indagine superficiale tanto il campione prelevato quanto altri della sua specie si potrebbero scambiare per comuni ratti delle chiaviche, una specie ben conosciuta e adattata ai molti posti controllati dall’Impero. Su questo ratto ho però potuto condurre un’osservazione più accurata. La peculiarità che contraddistingue questa specie pare essere la capacità di rosicchiare gli avanzamenti tecnologici da un qualunque prodotto artificiale. Mi rendo conto che è una definizione poco formale, poco ortodossa, e che lascia spazio a molte ambiguità, ma ad ora non sono riuscito a fare di meglio. Il rapporto 13 riporta le mie osservazioni sugli effetti di un branco di questi ratti. Un singolo individuo opera in maniera simile, ma molto più lentamente. Notando un certo deperimento, e dopo aver inventariato le mie scarse disponibilità di materiale ridondante, ho deciso di dare in pasto all’animale uno dei molti dispositivi antincendio ad attivazione manuale di cui il mio mezzo è rifornito. La linea di pensiero qui è che rimuovere una piccolissima parte della ridondanza di un sistema di sicurezza è un prezzo tutto sommato piccolo da pagare rispetto alle possibilità di scoperta che mi sono offerte. E poi non avevo molte opzioni: il ratto stava, sostanzialmente, morendo di fame.
Apparentemente il sistema è stato di suo gradimento. Come dicevo più sopra, ora che c’è solo un ratto a rosicchiare e non un intero branco l’involuzione è lenta: vari giorni di costante lavoro mandibolare hanno portato al passaggio dal sistema antincendio K412 ad un più modesto K104. Esattamente come sia stato possibile riprodurre i dettagli di componentistica prodotta nell’Impero – e peraltro fuori produzione da decenni – non mi è chiaro. Ho comunque documentato il tutto.
Ho valutato l’idea di stoccare il ratto. La gabbia in cui l’ho confinato pare essere immune alle sue capacità, ad indicare la presenza di un qualche tipo di limite inferiore alla tecnologia su cui questa specie può intervenire. Ciò nonostante, sono consapevole che l’azione più prudente sarebbe porre fine alla sua piccola vita e riporre il corpo, imbustato, nel frigorifero, dove verrebbe conservato ad una temperatura prossima allo zero assoluto per un tempo indefinito. E sono anche consapevole che mantenerlo in vita, oltre che un pericolo, rappresenta per me una scocciatura: allo stato attuale devo costantemente provvedere al suo nutrimento. Eppure non l’ho fatto. Chi avesse letto con attenzione l’incipit di questo rapporto potrà perfettamente comprendere i miei motivi.

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