Valerio Evangelisti – Il castello di Eymerich

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Non avrei dovuto leggere questo libro. Nel senso, non ora: mi sono ripromesso di leggere tutto il ciclo di Eymerich – una decina di romanzi in tutto – andando per ordine di pubblicazione. L’ultimo che avevo letto, qualche mese fa, era “Il corpo e il sangue di Eymerich”, terzo libro del ciclo, pubblicato nel 1996. Questo invece è del 2001. In mezzo ci stanno almeno tre romanzi, più una raccolta di racconti. E quindi che è successo?

Eh, niente, mi sono dimenticato. Ho finito di leggere un’altra cosa, avevo questo in casa. Boh, pazienza, mi son detto che finora questi romanzi di Eymerich son tutti stati isolati, praticamente senza continuity. Che sarà mai?

E invece una continuity c’è. Cioè, i primi romanzi erano molto isolati, ma questo è il settimo, si sono accumulati ricordi, personaggi, fatti. Eymerich è invecchiato. Non è decrepito, ma quando fa le cose che faceva all’inizio – cose energiche, cose da menar le mani – è spompato, senza fiato, si stanca. Lo capisco, eh: all’alba del mio trentaseiesimo compleanno ho iniziato a fare ginnastica esattamente per gli stessi motivi (cioè uccidere gli eretici).

Il romanzo tratta temi che in teoria trovo interessanti: la cabala ebraica, i golem e, soprattutto, il lemegeton, che è un trattato di demonologia del diciassettesimo secolo (ma basato su fonti più antiche). Per la mia storia personale capita che io abbia il simbolo del re demone Paimon, stampato, che mi gira per casa da anni.

Purtroppo il romanzo zoppica un po’. Eymerich nasce come personaggio incazzato, tutto d’un pezzo, il tenente Callaghan dell’inquisizione. Arrivati al settimo romanzo si capisce che la cosa mostra un po’ la corda, il protagonista rischia di ridursi ad un cartonato. Evangelisti lo sa e prova ad aggiustare il tiro: in questo libro Eymerich ha qualche dubbio, qualche turbamento, qualche foia. Ma l’espediente non funziona, stona. Sembrano cose appiccicate – appiccicate apposta per dare una tridimensionalità forzata, perché serve, perché si fa. Non mi ha convinto, mi sono accorto che leggevo piano, qualche pagina al giorno, invece di mangiare i capitoli come faccio di solito. Resta il proposito di completare il ciclo, che magari questo è stato un inciampo. Vedremo.

Valerio Evangelisti – Il castello di Eymerich

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