Nicolau Eymerich – Il manuale dell’inquisitore

Dai e dai, son risalito alla fonte. Come i miei lettori più fedeli ben sanno, sto lentamente leggendo il “ciclo di Eymerich”, una serie di romanzi storico/fantastici scritti da Valerio Evangelisti. Il protagonista è appunto fra Nicolau Eymerich, domenicano e inquisitore generale d’Aragona, basato sull’omonimo personaggio storico. L’Eymeric vero è vissuto nel XIV secolo e ci ha lasciato tutto il suo sapere teologico (ma soprattutto procedurale) in un’opera intitolata Directorium Inquisitorum, tradotta qui come “Il manuale dell’inquisitore”.

Louis Sala-Molins che ha ricercato, condensato, riassunto e riportato qui le parti più interessanti.

Eymerich, si capisce, fa un lavorone. Il testo è diviso in tre sezioni. Nella prima cita bolle papali, regolamenti, testi di legge e di santi, e getta le basi formali che giustificano tutto quello che dirà dopo. Ci dà i principi generali – chi sono gli eretici? qual è il compito dell’inquisitore? qual è il rapporto con il potere secolare? – e si copre le spalle. Lui, che è stato inquisitore per quarant’anni, fa di tutto per sparire dal testo, in modo che nessuno possa contestarlo e dire “questa è solo la tua opinione“. Eh no, bello mio, dice Eymerich, è tutto documentato, giustificato, carta canta.

La seconda sezione riguarda il processo all’eretico, ed è sostanzialmente un manuale di procedura. Ricordiamo che stiamo parlando dell’inquisizione, e lo stato di diritto non si vedeva neanche col binocolo. Ad esempio potevi finire nei guai (guai seri) se due persone testimoniavano contro di te dicendo che sei un eretico. Qui il ragionamento è duplice: a) la gente non testimonia certo a vanvera, e per di più giurando sui quattro vangeli e b) meglio andare sul sicuro e condannare un innocente piuttosto che eccedere con la misericordia e lasciar andar libero un colpevole. Tutto il processo era quindi strutturato in modo da giungere ad una confessione, e se non confessavi ti salvavi solo per le accuse più leggere (o poco circostanziate). Nei casi di accuse più  pesanti non confessare appesantiva, e di molto, la sentenza. Immaginati in questa situazione, e poi vedi un po’ tu cosa avresti fatto.

Ma Eymerich non era una bestia sanguinaria. Ad esempio critica la tortura,  pur ammettendola e fornendo varie giustificazioni su quando è opportuno usarla. Però lo dice chiaro: torturare spesso non serve. Non è questione di umanità: sotto tortura l’imputato dice di tutto, pur di farla finire. Ed Eymerich è adamantino sulle sue intenzioni: lui vuole la verità, la distruzione dell’eresia, la gloria della Chiesa. Non gli interessa far soffrire della gente

L’ultima sezione del manuale, in una botta di modernità, raccoglie le FAQ: una settantina di domande che chiariscono dubbi, dettagliano casi e sottocasi, e rendono un po’ più agile la consultazione del manuale. Perché Eymerich scrive con un obiettivo chiaro in testa: vuole istruire i colleghi, a maggior gloria dell’unica vera fede.

La citazione
Poiché non hai voluto e non vuoi ancora abbandonare i tuoi errori, preferendo così la dannazione e la morte eterna all’abiura, al ritorno in seno alla Chiesa e alla salvezza della tua anima, noi ti leghiamo col vincolo della scomunica, ti allontaniamo così dal gregge del signore e ti priviamo di ogni partecipazione al soccorso prestato dalla Chiesa, da questa Chiesa che le ha già provate tutte per convertirti e che non dispone di alcun altro mezzo per farlo. Noi, vescovo e inquisitore, nella nostra qualità di giudici in ciò che concerne la fede, assisi nel nostro tribunale, …

Appunto storico: ai tempi di Eymerich (durante tutto il ‘300) gli inquisitori erano sostanzialmente degli ispettori indipendenti, ciascuno delegato individualmente dal papa. Un paio di secoli dopo viene creata la Santa Inquisizione (ribattezzata poi Sant’Uffizio e infine Congregazione per la dottrina della fede). E proprio nel ‘500 le cose si stanno formalizzando e mettendo in ordine. Viene quindi incaricato monsignor Francisco Peña di ripulire ed emendare il testo di Eymerich, per adattarlo ai tempi più moderni. L’impostazione resta quella, ma Peña introduce due importanti differenze: a) si è tutti uguali davanti all’inquisizione solo in teoria, mentre in pratica per procedere contro ricchi e potenti bisogna avere molte più prove che per andar contro i poveri disgraziati e b) la questione della confisca dei beni degli eretici si fa molto, molto più centrale, roba che Eymerich ci scrive due righe e Peña cinque pagine. I tempi, si capisce, erano ormai cambiati.

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