Mikhail Bulgakov – Il Maestro e Margherita

Il diavolo, un gatto parlante, Ponzio Pilato, una storia d’amore che trascende la morte, una satira feroce della società sovietica, e infine Bulgakov stesso, mascherato, che parla di questo stesso romanzo, mascherato anch’esso. Sto un po’ in ansia a parlarne, che è un classico e ho paura di venire bastonato, ma tant’è, ecco le mie impressioni.

Nel romanzo il gatto è molto più grasso, ma in foto non sembra perché il nero sfina

Partiamo subito con una bella nota da ignorante: forse quando me lo spiegavano a scuola ero distratto, fatto sta che mettevo Bulgakov tra “i grandi dell’Ottocento russo” con Tolstoi, Dostoevskij e quella gente lì. E invece no: il Maestro e Margherita è stato terminato (grossomodo, ma ci arriviamo) nel 1940, pubblicato censuratissimo più di vent’anni dopo, poi circolato tramite stampa clandestina e infine pubblicato intero solo nel 1967, a Parigi. Per un’edizione russa bisognerà attendere il 1973.

Bulgakov ci ha messo tredici anni a finire questo romanzo, iniziando nel 1928 e finendo appunto nel 1940. In mezzo c’è stato anche un simpatico momento in cui, vista l’aria di repressione che tirava, il buon Mikhail decide di bruciare il manoscritto nella stufa di casa al grido di “ma che minchia scrivo a fare”. Il manoscritto bruciato diventa poi uno degli elementi di trama nella stesura finale del romanzo (che dopo la combustione è stato ancora riscritto più volte).

Senza fare chissà quali spoiler posso riassumere la trama in: arriva il Diavolo a Mosca, e sono cazzi per tutti. Per il primo terzo abbondante del romanzo i protagonisti eponimi (appunto il Maestro e appunto Margherita) non si vedono, e seguiamo invece le simpatiche avventure del Diavolo e della sua combriccola di servitori. Questa parte risulta molto frammentaria, seppur godibilissima: è una serie di episodi in crescendo, con tantissimi personaggi legati poco o nulla tra loro, che ci fanno capire un po’ cosa pensava Bulgakov della Mosca di allora, della sua corruzione, del suo solo apparente ateismo, e delle differenze sociali ancora smaccatamente presenti nonostante la grande livella del comunismo ☭

Poi entrano in gioco i protagonisti: il Maestro, scrittore di un romanzo visionario su Ponzio Pilato; e Margherita, sua amante, borghesuccia che ripudia il marito per seguire l’amore. Qui non posso aggiungere molto senza rovinare davvero la trama, ma posso dire qualcosa sui temi, che vanno avanti a coppie contrapposte: c’è l’amore sentimentale e quello carnale; c’è il bene – sincerità, onestà, onore – e il male – avidità, menzogna, viltà; c’è l’arte veritiera e quella di propaganda; c’è la libertà e l’oppressione; c’è la malattia mentale e c’è la sua cura.

Quello che invece manca è un vero antagonista. Il Diavolo ha i suoi piani, ma non cerca il male e in nessun momento è una presenza negativa. Fa un sacco di danni, eh, ma lo fa per esporre i difetti e le contraddizioni dell’umanità. E poi fa ridere, quindi gli si perdona tutto. Cioè, io gli perdono tutto, ma è chiarissimo che i contemporanei di Bulgakov avevano tutti i motivi di prendersela, vista la ferocia tagliente con cui vengono tratteggiati funzionari, burocrati, poliziotti, direttori di teatro, amministratori di condominio, e insomma chiunque abbia un briciolo di benessere in più del contadino morto di fame.

– Niente mi riesce difficile, – rispose Woland, – e tu lo sai benissimo – . Tacque, poi aggiunse: – Perché non ve lo prendete voi, nella luce?

– Non ha meritato la luce, ha meritato il riposo , – disse Levi con voce mesta.

Interessante contrapposizione tra Paradiso e Inferno: il primo non è un premio ma un eterno brillare; il secondo non è una punizione ma, appunto, un riposare nell’ombra

Unica nota dolente: i nomi sono terribili. Cioè, sono terribili da ricordare, per me che non ci sono abituato. Esempi: Stephan Bogdanovich Likhodeyev, Mikhail Alexandrovich Berlioz, Ivan Savelyevich Varenukha… E poi ci sono i soprannomi, i vezzeggiativi, le storpiature. Verso il finale i personaggi minori mi sono andati un po’ a massa, lo confesso.

Chiudo con una scena che, da sola, vale il romanzo: grazie ad uno dei prodigi del Diavolo una donna si trasforma in strega e prende il volo. La descrizione dell’assenza di peso, del volteggiare nell’aria, della velocità mentre sfreccia sopra i tetti di Mosca mi sollevato il cuore. Davvero. Hai presente quel misto di stress e cattiva digestione che tutti sentiamo e che su tutte le pance preme, quel peso alla bocca dello stomaco, appena sotto il plesso solare? Ecco, leggendo quella pagina lì, volando con la strega, per un momento io quel peso l’ho perso e, come lei, mi son sentito leggero. A quanto pare l’elisir del diavolo è il Brioschi.

Solite cose social:

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