Andrzej Sapkowski – Il sangue degli elfi (e altra roba)

Ho appena finito di leggere: “Il guardiano degli innocenti“, “La spada del destino” e “Il sangue degli elfi“, in rapida successione e senza tirare il fiato. Dunque.

Come prima cosa diciamo che sto parlando delle storie di Geralt di Rivia. Se vado sulla pagina di wikipedia trovo questo ritratto qui:

OK.

Alura, per chi non lo conoscesse: è il classico, classico, STRACLASSICO eroe fantasy. Bello, forte, figo, non sbaglia mai, ha una morale adamantina tutta sua che all’inizio lo fa sembrare uno stronzo ma-poi-si-capisce-che-aveva-ragione, e ha dei difetti fisici che in realtà lo rendono ancora più figo, tipo che ha questa chioma di capelli bianchi. O gli occhi con la pupilla verticale. “Oddio sono un mostro”, e tutte le tipelle dietro, a sbavare.

A livello di caratterizzazione del personaggio, è un classico. Ho detto classico? Volevo dire fotocopia. C’è già un altro personaggio, molto simile, creato da Michael Moorcock: Elric di Melniboné.

E perché dico che i due personaggi si assomigliano? Vediamo, forse perché:

  • entrambi sono albini, pallidi, con gli occhi strani
  • entrambi usano delle pozioni di erbe segretissime per menare più forte in battaglia
  • entrambi sono (almeno un po’) antieroi
  • entrambi sono spadaccini fighissimi
  • entrambi hanno un amore combattuto con una tipa DAI CAPELLI NERI
  • entrambi usano la magia
  • entrambi hanno come soprannome LUPO BIANCO, mannaggialcristo

Prima comparsa di Elric di Melniboné: The dreaming city, novella del 1962
Prima comparsa di Geralt di Rivia: La spada del destino, raccolta di racconti del 1992

Trent’anni tondi.

Va bene, va bene. Andiamo avanti. Come sono ste cose che ho letto? I primi due titoli (La spada del destino e Il guardiano degli innocenti) sono raccolte di racconti brevi, leggeri, che si lasciano leggere. Cioè, appena iniziati mi è venuto fortissimo in mente quel famoso grafico di XKCD:

Che è tutto un florilegio di kikimora, strigi, zeugl, vodyanoy e altre parole improbabili. Tutti nomi di mostri in verità, e poi in effetti piano piano si incontrano un po’ tutti, quindi diciamo che è solo un mezzo peccato: vengono rovesciati addosso al lettore tutti assieme, che è male, ma in effetti sono mostri strani che hanno tutto il diritto di avere un nome loro, che è bene.

Le storie nelle raccolte di racconti seguono lo schema:

  1. Geralt arriva in un posto
  2. i locali lo trattano a pesci in faccia perché è uno strigo (un cacciatore di mostri)
  3. ma c’è un mostro che fa casini!
  4. in gran segreto uno dei notabili locali assolda Geralt per uccidere il mostro
  5. Geralt uccide il mostro
  6. il notabile di cui sopra cerca di fregare Geralt
  7. ma tanto Geralt è figo e in qualche modo se la cava
  8. I VERI MOSTRI SONO LE PERSONE. FINE.

E vabbuò. Non fanno cagare, eh, ci tengo a dirlo. Sono leggeri e si lasciano leggere, alcune trovate sono oggettivamente interessanti e non ho mai fatto fatica a proseguire. Non è alta letteratura, ecco.

Queste due raccolte di racconti fanno da preludio alla trilogia di romanzi. Diciamo che stabiliscono la cornice, i personaggi principali e le regole del gioco. Poi inizia il primo romanzo della trilogia: Il sangue degli elfi. Che per la prima metà è noioso.

È noioso perché si vede che il salto da “racconto di venti pagine pieno d’azione” a “vicenda lunga dove si menano poco e si sviluppano i personaggi” non è facile. Diciamo che ci mette un po’ a carburare. Poi degli spunti interessanti vengono fuori, eh. Addirittura spunti politici: c’è tutto un discorso sull’immigrazione, e sulla contrapposizione tra fedeltà alla propria nazione e fedeltà alla propria gente (che peraltro, Sapkowski è polacco, e il tema “immigrazione” è piuttosto caldo ora come ora nella sua madre patria – chissà se viene sfruttato da questo o quel partito politico).

L’ultima parte del libro è… boh. Intanto sembra un po’ appiccicata. La progressione è: GERALT, GERALT, GERALT, GERALT, CIRI, CIRI. Cioè, a un certo punto Geralt, grande protagonista, fin qui perno di tutte le vicende e assoluto mattatore, ecco, Geralt svanisce di scena. MO TI PARLIAMO DI STA RAGAZZINA CIRI OK?

Ok.

Però Ciri è interessante. O, almeno: ha le potenzialità per essere interessante. Infatti l’altro tema che attraversa il romanzo è la genitorialità: Geralt [SPOILER1] e però [SPOILER2] Ciri. Il loro rapporto non è abbastanza conflittuale per i miei gusti però, oh, c’è del potenziale. Bisogna vedere dove va a parare nei libri #2 e #3, che non ho letto.

La qualità della scrittura è difficile da giudicare perché si passa attraverso la traduzione dal polacco. So che a un certo punto ho incontrato una similitudine fuori luogo (qualcosa tipo “tizio procedeva come uno schiacciasassi”) e ho pensato: no, ma che roba brutta, anacronistico e mi fa saltare la sospensione d’incredulità. Fatto sta che dopo un po’ trovo due personaggi che si insultano e uno grida all’altro “mezza cartuccia!”

Ecco, quell’insulto lì, mezza cartuccia, l’ha inventato Mussolini durante il ventennio. Ora, non conosco abbastanza il polacco, ma secondo me nel testo originale non c’era. E quindi ce l’ha messa il traduttore. Con questo genere di, come dire, scelte stilistiche, non posso proprio dire niente sulla qualità della scrittura.

La mia impressione è che di saghe fantasy ce ne siano in giro di migliori dal punto di vista letterario. Però questa ha fatto fortuna con i videogiochi, e poi ora con la serie netflix, e comunque ci sono arrivato in fondo con molta meno fatica di, chessò, I giardini della Luna. Quindi… yay?

Ma sì. Yay.

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[Il pezzo è finito, qui sotto solo spoiler]

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SPOILER1: Geralt non può avere figli, in quanto strigo, ovvero cacciatore di mostri, ovvero supersoldato che ha subito delle mutazioni che lo rendono sovrumano.

SPOILER2: Ciri è una regazzina che in qualche modo lui si ritrova sul groppone. All’inizio fa un po’ l’orso, poi cerca di togliersela dai piedi e la manda in collegio, poi va FULL MAMA BEAR e comincia a tagliare teste pur di proteggerla.

Solite cose social:

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